Per il senso del dovere, in ricordo
di
di
Gerardo D'arminio
di Vincenzo Fatigati giovani di Libera
Presidio Territoriale Afragola - Casoria
Il rischio maggiore oggi per le diverse celebrazioni della memoria, i diversi olocausti della storia; non consiste nella loro cancellazione dal calendario, nella eliminazione di targhette o statue.
Non possiamo forse dire che lo stesso vale per le vittime delle mafie, quando constatiamo sempre di più in questi tempi che i peggiori politici – proprio quelli che sono collusi- esaltano i vari Falcone e Borsellino per crearsi quella patina eroica per consenso elettorale? “Non abbiamo bisogno di tifosi, ma di calciatori” ripetono spesso i diversi addetti alla lotta alla criminalità organizzata . Il ricordo serve solo se si riesce a passare quindi, dalla ammirazione passiva del simbolo, a quella attiva della cittadinanza. Il ricordo ha senso solo se si riesce a comunicare questo messaggio, riuscendo a passare dal livello personale a quello sociale e collettivo.
Le mafie da sempre, per il controllo del potere, oltre alla violenza e alle intimidazioni, utilizzano, in modo vigliacco, la diffamazione, l’inganno come strumento di legittimazione.
Diffamare la
vittima serve per creare consenso e quindi potere agli occhi degli altri.
Ricordare il passato, allora è il primo passo da
fare per guardare al futuro, perché quello che va comunicato non è solo una
storia, un fatto o un dettaglio; ma un atteggiamento che deve restare uguale
nel suo divenire storico. Ricordare
insomma, serve per schierarsi.
Questo preambolo serve per comprendere che il nostro atteggiamento deve essere attivo verso la figura del maresciallo D’Arminio, ucciso ad Afragola proprio il 5 gennaio del 1976 . Una storia tragica e emblematica , tristemente abbandonata e dimenticata dalla coscienza della città di Afragola.
1 Nato nel cilentano a Montecorvino Rovella, era un maresciallo capace, con un curriculum di primo livello, essendo in pochi anni passato da Palermo, dove da subito si era occupato della cattura di pericolosi esponenti di della mafia siciliana, a occuparsi negli anni ‘70 della “via del tabacco”, riuscendo ad intuire e studiare connessioni col traffico degli stupefacenti , indagando sulle relazioni tra cosa nostra e i cartelli della camorra. Persona esperta e preparata, conosceva a memoria fatti circostanze, senza controllare l’archivio ; oltre che ad essere efficiente, visto che da quando aveva prestato nel 1974 servizio ad Afragola, erano notevolmente diminuiti i crimini nella città.
D’Arminio fu ucciso proprio il 5 gennaio del 1976 da otto proiettili di lupara canne mozze sparate da una “500” gialla , mentre comprava una bicicletta su una bancarella a Carmine, uno dei suoi quattro figli che aveva appena 4 anni .
Purtroppo in città ancora circolano, criminosamente, diverse versioni, spesso macchiate del solito tentativo diffamatorio, dove - chissà perché- chi sostiene determinate versioni, si dimenticano di leggere documenti ufficiali; limitandosi a raccontare la versione invece delle persone che sono state condannate di quel determinato reato.
2 Infatti, secondo il sostituto procuratore della Repubblica Vittorio Martuscello, l’ipotesi di reato è “omicidio volontario e premeditato”. Gli investigatori non credettero alla versione del giovane Enzo Moccia, che all’epoca era minorenne e si costituì alla procura, dichiarando di aver commesso l’omicidio senza l’aiuto dei fratelli Angelo e Luigi : secondo la sua versione, sarebbe andato a casa sua per prendere una lupara che aveva nascosto a casa del padre giorni prima (e che aveva trovato miracolosamente e casualmente tempo prima ). Non si sarebbe accorto della presenza del Maresciallo, ma avrebbe avuto una colluttazione con il nemico e rivale Luigi Giugliano, e dopo diverbi , si sarebbe difeso sparando colpi che, poi accidentalmente, colpirono il maresciallo.
Per la procura ciò non fu vero, in quanto è difficile credere a questa versione anche perché Enzo Moccia conosceva bene il Maresciallo D’Arminio, poiché il marzo precedente, durante una perquisizione per una partita di tabacco, avrebbe trovato il vecchio Boss Gennaro Moccia in possesso di un arma. All'epoca Enzo si accusò del reato per tentare di non far andare il padre carcere. E comunque, secondo i primi giornali dell'epoca e le ricostruzioni iniziali della procura , nell'auto ci sarebbero stati anche i fratelli Luigi , e Angelo, giacché, avrebbero – secondo
la prima ipotesi - avuto un ruolo di “concorso
omicidio”. Poi l'accusa cadde. L’omicidio, secondo la ricostruzione della procura, serviva come
messaggio, per far mantenere alto il prestigio della famiglia, in quella perversa e strana “logica da guappi” . Il
potere si conquista con la violenza, e quindi bisognava mostrare agli altri di avere ancora “prestigio”, di non
temere nessuno sfidando quanti nelle forze dell’ordine avevano avuto il
coraggio di mettere in discussione concretamente e con atteggiamenti pubblici il loro
potere. Pertanto, secondo questa
ricostruzione, il minorenne si sarebbe assunto- in un secondo momento- la responsabilità dell’omicidio per avere
degli sgravi penali.
Una cosa però è la condanna giudiziaria(che è stata accertata), ed è scritta da sentenze; altra è quella sociale e collettiva che – basandosi su quest’ultima- deve essere ancora più forte, e netta (e spesso tarda ad
arrivare dalla nostra collettività) .
Oggi 5 gennaio ’2013 , sulla targa che
si trova nella piazza principale di Afragola in ricordo del Maresciallo
D’Arminio, verrà omaggiato la sua figura
con tre rose bianche, non solo per il “semplice” ricordo del suo operato; ma
affinché arrivi finalmente quella condanna sociale da tutti, oggi troppo spesso
minacciata da mezzi silenzi, assuefazioni e omertà.
1 Di Pasquale
Scordamaglia Il coraggio del maresciallo
D’Arminio. Un investigatore di razza dall’incomparabile impegno civile.
http://mpmeltingpot.wordpress.com
2 Ordinanza
custodia cautelare
Fonte: liberaafragolacasoria.com 5 Gennaio 2012
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