"Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo"

Paolo Borsellino

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

L'oblio corresponsabile e delittuoso. Ricordare come forma di partecipazione democratica, a tre anni di distanza dall'omicidio Coppola.














L'oblio corresponsabile e delittuoso. 
Ricordare come forma di partecipazione democratica, a tre anni di distanza dall'omicidio Coppola.


Dalla Redazione  di Libera Afragola - Casoria
Presidio "Gerardo D'Arminio"


Non subito si rese  conto di cosa stesse succedendo ,   giura Rosaria Scialò,  quando quella maledetta mattina del 19 agosto 2010   sentì  il rumore dei  tre colpi che abbattevano  il marito,  Antonio Coppola, freddato   proprio all’esterno della sua edicola.  Quello che è  successo quel giorno  è stato  registrato dalle cronache

e consegnato al raccapricciante elenco della troppe  vittime  di violenza criminale  della città di Casoria.
La collaborazione della stessa  moglie Rosaria è stata fondamentale per la ricostruzione del movente, per spiegare l’assurdità  dell’omicidio,   nel tentativo  di tentare  dare un volto alla banalità  del male:  la banalità  di chi muore per aver rimproverato il giorno prima un ladro d’uva. Di chi è costretto ad affrontare tragedie immani per una parola di troppo .                          

                                 IL VIDEO
Quello che però non viene raccontato dalle cronache   è il dramma che si nasconde  dietro  questi dettagli agghiaccianti, e si misura con   la sofferenza  che  si sconta nel corso dei mesi,  degli anni di chi  ha visto trasformata  la propria esistenza da un atto barbarico. Una sofferenza che  racconta il volto criminale delle nostre realtà,  costituito dall’assenza di senso civico, e spesso
compromissione con  metodi criminali .    Il dolore di difendersi  dai calunniosi sussurri del vicinato,  secondo cui, morire in quel modo è pur sempre una colpa, un indizio di collusione e compromissione. Quasi a dire che  per morire ammazzato, devi essere colpevole.

Non si racconta (perché forse è normale) della resistenza a qualche politico che, evidentemente impassibile al dramma, tenta di strumentalizzare la vicenda delittuosa a proprio uso e consumo proponendoti di indirizzare  verso uno “scopo” la testimonianza delle  sofferenze personali, per trasformarti in testimonial, in sponsor della legalità, in strumento per la creazione di un’aureola per la propria campagna elettorale.   
Insomma ben pochi riescono a comprendere le difficoltà familiari di chi, da “quell’istante”, è condannato a svolgere il ruolo di madre e padre, travolto (come se non bastasse) anche da mille difficoltà economiche e dalla responsabilità di dover assecondare le aspirazioni ad una vita migliore dei propri figli. 


Eppure i commenti infanganti del vicinato, le cattiverie gratuite che arrivano da diverse parti , il continuo   pettegolezzo teso sempre a seminare zizzania, a minimizzare l’evento, a  giustificare l’accaduto, a trovare un sorriso nella propria  tragedia , non è dettato da un fattore casuale. Nasce proprio dall’assenza di quel senso di partecipazione collettiva, dall’impossibilità di accettare la condizione di pericolo permanente: quasi a dire che la propria sicurezza  personale può passare solo trattando con sufficienza le disgrazie degli altri.
Un modo inconscio per non sentire quel senso di responsabilità sociale.  
Per questo, a distanza di tre anni, bisogna continuare a raccontare, a dare spazio alla testimonianza, alla voce di chi ha vissuto in prima persona l’efferatezza di gesti criminali. Perché, aiutando chi è stata vittima del male e dell’indifferenza , si aiuta non soltanto quella persona, ma così facendo si costruisce un nuovo senso di responsabilità collettiva, e quindi di partecipazione democratica.


Fonte:www.liberaafragolacasoriaacm.blogspot.com 19 Agosto 2013



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