"Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo"

Paolo Borsellino

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

IN DIFESA DEL MARESCIALLO GERARDO D'ARMINIO. CONTRO LA RETORICA DA GUAPPARIA E LA DIFFAMAZIONE




IN DIFESA DEL MARESCIALLO GERARDO D'ARMINIO.
CONTRO LA RETORICA DA GUAPPARIA E LA DIFFAMAZIONE

Dalla Redazione del Presidio

La storia di G.D'Arminio
Vittima Innocente
della camorra
CLICCA QUI
Sono passati oggi ben 38 anni dal 5 gennaio del 1976 quando, nella piazza centrale di Afragola (Piazza E. Gianturco ),  veniva ucciso il  Maresciallo Gerardo D’Arminio. 
Quello che accadde quel 5 gennaio  è accertato e ricostruito, ed è importante ricordarlo:  
mentre il maresciallo  stava  comprando una bicicletta  al  figlio Carmine di quattro anni, che aveva per mano,  fu colpito mortalmente da proiettili sparati da una “500” gialla. 



Come riporta anche  la stampa dell’epoca, l’omicidio aveva un significato punitivo,  serviva per porre fine a quella che veniva vista come  l’arroganza dell’intuito del maresciallo che si rendeva pericoloso occupandosi da subito del traffico di tabacco;  ma aveva  anche un  valore simbolico,  ovvero mostrare – attraverso quell’omicidio- il prestigio di certa retorica criminale,  espressione di una sottocultura da “guapperia. 


Comunque sia, quel gesto criminale pose fine alla vita di un padre, e all’avanzamento professionale del maresciallo che aveva lasciato il suo paese natale, Montecorvino Rovella (SA) a vent’anni ed e
ra diventato maresciallo maggiore non per anzianità, ma per meriti acquisiti sul campo.   
Prima a Palermo,  dove da subito si era occupato di Mafia  e poi, negli anni ’70, dei traffici della   “via del tabacco” analizzando connessioni eventuali con i traffici di stupefacenti.


Ormai le organizzazioni criminali, rispetto a quegli anni hanno mutato la retorica, si sono imborghesite e, spesso, sono divenute anche più pervasive  con certa collusione politica. L’invisibilità di certa mafia rende più difficile localizzarla, riconoscerla.  Non hanno più bisogno di impugnare solo le lupare per ottenere potere e consenso.

Lapide di marmo situata ad Afragola
in piazza Gianturco, luogo in cui
fu assassinato il Maresciallo
Gerardo D'Arminio 
Ricordare questa vicenda, oggi, ha quindi un duplice valore.  
Serve sia per ricordare  l’importanza del gesto del maresciallo D’Arminio, assolutamente sconosciuto alla stragrande maggioranza delle nuove generazioni,  proprio perché nella nostra città “smemorata”, non c’è mai stata una vera cultura dell’antimafia, sia per invocare  una dimensione sociale e collettiva dove certi valori democratici  riescano  a decostruire quella sottocultura da guapperia. Cambiare la mentalità è il primo passo per cambiare le cose. Ma serve, soprattutto, oltre che a livello morale, proprio  a livello politico: difendere il simbolo serve per schierarsi,  per prendere posizione!

La stessa retorica criminale  oggi si è imborghesita:  si è trasformata in un sottile tentativo di delegittimazione, di continua diffamazione: far passare l’idea, insomma, che siamo tutti collusi, che tutti condividiamo le stesse strategie criminali, di potere e danaro. E soprattutto che non esista nessuna motivazione di giustizia sociale se non motivata da danaro, invidia, o sete di potere. 

Il presidio di Libera Associazioni,
 Nomi e Numeri Contro le mafie
AFRAGOLA - CASORIA
è  intitolato a Gerardo D'Arminio





Ecco allora , ancora più forte, il compito di combattere questa retorica criminale sia nella versione da guapperia che in quella imborghesita

Il ricordo di Gerardo D’Arminio allora non è soltanto un gesto  passivo, ma attivo: è la testimonianza che una cultura, società, e una mentalità diversa anche ad Afragola è  concretamente possibile. 

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un tuo commento